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Ramon Esteve: un successo continuo
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Il suo studio è stato fondato nel 1991. Quali erano le sue aspettative allora?
Non vedevo l’ora di calcare le orme degli eroi che hanno influito sulla mia crescita personale e stilistica: Wright, Le Corbusier, Khan, Mies ... volevo che la mia vita e la mia carriera fossero entusiasmanti quanto le loro, un po’ come nel film “La fonte meravigliosa”.
Inizialmente mi sono concentrato su progetti in piccola scala collocati a metà strada tra design e architettura, caratterizzati da una forte passione che si ripercuoteva sulle lavorazioni artigianali e la cura dei dettagli. Ho sempre voluto trasmettere qualcosa, con ogni mio lavoro.

Il campo di architettura e design è mutato molto dal 1991 ad oggi. Quali sono stati i cambiamenti più significativi a suo avviso?

Credo che oggi la società abbia assimilato l’architettura, il che ha reso più facile per chi fa il mio lavoro rapportarsi coi clienti. Quando si parla di design e architettura contemporanea le persone sono sempre più informate e conseguentemente hanno richieste crescenti. Il panorama culturale è sicuramente maturato, portando a una larga accettazione del linguaggio contemporaneo. Dall’altro lato però, posso dire che questo ha anche aumentato fortemente la competizione rispetto agli anni Novanta: oggi ci sono molti più architetti e designer di talento, il che ha peraltro reso più semplice portare il proprio lavoro a un livello internazionale.

Quale cambiamento ha avuto più impatto sul suo lavoro, sia in positivo che in negativo?
Credo che entrambi si siano ripercossi positivamente sulla mia professione. Da una parte, la maturazione della società di cui parlavo ha reso possibile la comprensione del mio lavoro, che ha assunto così un prestigio internazionale. Dall’altra, l’incremento della competizione mi ha spinto a non fermarmi mai, a evolvermi sia naturalmente che con un rinnovato impegno.

Quale tra i suoi progetti rappresenta al meglio la sua filosofia?

Le abitazioni mono-familiari, perché contengono nella maniera più precisa e diretta tutti gli elementi che rappresentano il mio lavoro: architettura, disegno di interni, mobili su misura. Si tratta di una esperienza omnicomprensiva.

A suo avviso qual è l’elemento cruciale di un progetto di interior design?

L’aspetto più importante di qualsiasi progetto è partire da un concetto preciso e di carattere. L’obiettivo deve essere il raggiungimento sia di un’armonia generale che del giusto equilibrio tra tutte le parti che compongono il progetto.

Cosa si aspetta dall’architettura del futuro? Sarà più sostenibile ad esempio?

L’inevitabile futuro dell’architettura si muove verso costruzioni e palazzi che siano sempre più autosufficienti sia a causa dei consumi energetici in continua riduzione, sia per l’efficienza dei sistemi domestici di produzione e accumulazione. Questi due fattori infatti implicheranno sempre meno dipendenza verso l’esterno, senza contare che molta dell’energia di cui parlo sarà prodotta da energie rinnovabili.

Cosa consiglierebbe ai designer emergenti?

Nessun inizio, in nessun periodo storico, è stato privo di difficoltà. È quindi sempre necessario lavorare sodo quando si nutre passione verso un mestiere, e non farsi scoraggiare da chi non sa capire il nostro lavoro. Questo non è un consiglio che si applica solo ad architettura e design, ma alla vita stessa.

Qual è il più grande traguardo da lei raggiunto?
La mia capacità di trasmettere emozioni attraverso la materia.

Quale eredità sarà lasciata dallo Studio Ramon Esteve?

La mia carriera ha ancora molta strada davanti a sé, quindi è presto per saperlo.

Ha qualche progetto dei sogni?

Mi piacerebbe unire all’interno dello stesso progetto tre idee che mi allettano: l’architettura intesa come esperienza, la città intesa come il panorama della complessità delle relazioni umane, e la costruzione verticale intesa come sfida atta a modificare la percezione di un territorio.

Info: www.ramonesteve.com

Photo Courtesy: Jonathan Segade, Mariella Apollonio, Mario Sierra


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