Romano, classe 1972, architetto, designer e molto di più. Simone Cappellanti progetta, disegna, suona, fotografa. Per la serie: una ne pensa e mille ne fa.
Simone, più che un architetto sei un artista a 360 gradi o sbaglio?
«Grazie, ma non mi sento un artista nel senso più classico; la musica suonata, il disegno, la fotografia e l’ambiente culturale che mi hanno introdotto e educato alla storia dell’arte sono gli spazi che spontaneamente attraverso ogni giorno per fare l’architetto».
Qual è la tua filosofia architettonica?
«Vedo le architetture come oggetti posizionati negli spazi esterni e gli oggetti di design come piccole architetture posizionate negli spazi interni. Le case, così come le abitazioni e i luoghi di incontro, sono per me gli “empori” dell’umanità dove la stratificazione del tempo caratterizza
l’abitare».
Come si concretizza questa tua vision?
«La applico muovendomi, di volta in volta, come un umile ricercatore del semplice desiderio altrui. Un luogo nasce nella mia testa immaginando la forza espressiva di chi lo abiterà. Il mio fine in sintesi è elaborare e tradurre un nuovo e più complesso spazio privo di assenze e colmo di momenti. Questo per quanto riguarda un progetto architettonico. Nel design seguo, invece, un percorso diverso: qui attingo solitamente dalla mia cultura e tradizione per ricercare e riproporre matericamente qualcosa che manca, qualcosa di cui si è perso il ricordo con la speranza che un giorno possa diventare l’orgoglio di chi lo possiede».